Un piano paesistico per Quinto Sole, di Paolo Pavoni

Anche quest'anno, come da consolidata tradizione, abbiamo festeggiato il 1° maggio presso la cooperativa Pedrazzini di Quintosole.

Eravamo oltre 200 ed abbiamo ricordato il lavoro, festeggiandolo, nel modo che ci piace di più: stando insieme.
E lo abbiamo fatto a Quintosole, come si è sempre fatto.

Quest'anno, però, l'essere a Quintosole ha rappresentato per noi qualcosa in più: il desiderio di riappropriarci della speranza di riuscire a valorizzare quel pezzo di città, come merita.
Paolo Pavoni, capogruppo del partito democratico al consiglio di zona 5, in questo articolo ci indica quali siano i progetti dell'attuale maggioranza al Comune proprio su Quintosole.

Lascio a voi valutare se queste siano le proposte che vorremmo ricevere o se, al contrario, sentite l'esigenza di scelte che siano sostenibili e lungimiranti.
Cosimo Palazzo

(Per approfondire un pò la storia della festa del 1 maggio...clicca qui)

Se volete maggiori informazioni, su questo tema e in genere su quanto accade in Consiglio di Zona 5, scrivete ai nostri consigieri  Paolo Pavoni e Maurizio Lombardelli a consiglierizona5@pdcircolovigentino.org

UN PIANO PAESISTICO PER QUINTO SOLE
“la tutela della natura e dell’ambiente è un obbligo morale verso le generazioni future”

La difesa del territorio non può essere fatta per punti o per singoli interventi: quando si deve proteggere l’insieme storico-ambientale di un territorio la soluzione da adottare è quella dei piani paesistici.
L’armonico rapporto città-campagna costruito attraverso i secoli sta cedendo terreno a uno sviluppo urbano senza controllo.
Eppure le leggi di tutela ci sarebbero, ma i tagli ai finanziamenti e alle risorse umane, sommati al labirinto dei conflitti di competenza fra enti e istituzioni, hanno lasciato spazio a “deroghe” ed “eccezioni” per non dire dei “condoni” (operati specialmente dai governi di destra).
Così si è giunti a una città indefinita, che non ha più limiti, mentre il terreno agricolo,coperto dal cemento, perde per sempre le funzioni ecologiche che aveva esercitato.
L’intervento edilizio programmato a Quinto Sole in via Camporgnago, recentemente esaminato in Consiglio di Zona è un classico esempio di questo modello di crescita della città.
Una volumetria di 42.00 mc.,198 unità immobiliari ( 84 bilocali,48 trilocali, 12 quadrilocali) con un incremento dei residenti del borgo stimabile in 4/500 persone, ben oltre il numero degli attuali residenti.
Un intervento di tali dimensioni impatta in un borgo di antica formazione dove accanto alle vecchie cascine si è sviluppato un tessuto edilizio disomogeneo con presenza di attività produttive accanto alla residenza e per ultimo il carcere di Opera.
Tutto questo insieme ha contribuito a accentuare una condizione di degrado e di marginalità tipica di aree al limite della città.
Questa situazione è ben evidenziata dalla carenza di servizi primari.
Manca la rete di fognatura pubblica, il costruttore dovrà realizzare un depuratore.
Mancano i marciapiedi pedonali lungo tutte le vie del borgo ( Quinto Sole, Camporgnago e via Ripamonti).
Carenza di parcheggi pubblici che, con l’insediamento di ulteriori 400 residenti, porterà il borgo al collasso. I circa venti posti auto previsti sulla via Camporgnago con il nuovo edificio, risultano largamente insufficienti.
Assenza di strutture scolastiche per l’utenza che si aggiungerà a quella che già oggi si trova in condizioni di disagio nel borgo.
Scarsa probabilità che attività commerciali possano insediarsi negli spazi previsti nel nuovo progetto edilizio con conseguente disagio dei residenti.
Il Piano di Governo del Territorio (PGT) in esame in Consiglio Comunale prevede degli obiettivi di recupero e riqualificazione, secondo il modello di “parco agricolo”, per le parti del territorio del sud Milano che ancora conservano testimonianze storiche di notevole valore ambientale.
La sfida del Piano (PGT) sarà vinta se prevarrà il principio della “pubblica utilità” del patrimonio culturale e ambientale rispetto ai potenti interessi fondiari privati.
Interessi speculativi che tanta parte hanno avuto e hanno nello sviluppo caotico e incoerente della città e che guardano alle opportunità delle aree rappresentate dal Parco Agricolo Sud Milano.
Il Partito Democratico e l’opposizione in Consiglio Comunale e nel Consiglio di Zona 5 sostengono e si riconoscono in questa battaglia di civiltà.

Paolo Pavoni, capogruppo del Partito Democratico al Consiglio di Zona 5

Appunti di  QUIINTO SOLE
(da “indagine per un nuovo assetto territoriale del parco sud”,arch.zohreh in minestrini rezazadeh)

Antico insediamento rurale del Vigentino. Quinto Sole deve l’origine del suo nome alla distanza che, in epoca romana, corrispondeva a cinque miglia dalla cerchia di Milano “ad quintum lapidem” ed alla particolare esposizione delle sua cascine rivolte a mezzogiorno, ovvero “al sole”.

Attualmente la posizione del borgo è a tre miglia da Milano fuori dalla porta Vigentina, situato sul lato destro della via Ripamonti che da Milano conduce a Pavia.
Al centro del nucleo rurale di Quintosole è visibile una torre tardo medioevale con insegne araldiche, appartenenti agli antichi feudatari del luogo.

Lo stesso stemma è presente sul lato interno della torre che si affaccia sull’aia della cascina più antica ( cascina Quintosole), caratterizzata a sua volta da arcate monofore realizzate in mattoni, aperture a volta ribassata alternate a aperture circolari, che richiamano la forma del sole perché realizzate in mattoni posti a raggiera intorno all’apertura.

La via, chiamata all’inizio del secolo, via Cascina Quintosole, che inizia dalla suddetta cascina e termina all’incrocio con la via Ripamonti, comprende al n° civico 40 la chiesuola di Santa Maria Assunta fatta erigere da S. Carlo Borromeo nel 15° secolo.

All’interno statua in legno dedicata alla madonna.

Nel nucleo storico che si affaccia sulla via Quintosole è presente anche un vecchio fontanile e, quasi a delineare il confine del borgo, scorrono a lato della Cascina Quintosole l’antica roggia “Cavo Rile” e, sulla via Ripamonti ,la roggia “Bolagnos”.



25 aprile 2010 con il partigiano NINO

Diario del "nostro" 25 aprile

Oggi un bel sole saluta il 65° anniversario della Liberazione.
In via Bernardino Verro 44 c’è fermento: chi spazza la strada, chi dispone le bandiere, chi sistema la pianola, chi prepara le coccarde tricolori.

Vogliamo fare presto e bene: oggi si onora la memoria del giovane partigiano Angelo Pavesi , 40° Brigata Matteotti , nome di battaglia NINO, che proprio qui, in questo palazzo abitava. E l’ANPI verrà, con la sua gloriosa bandiera, per deporre una corona sulla lapide.

Ogni 25 aprile l’ANPI Vigentino fa il giro delle tredici lapidi dei partigiani del quartiere– e quest’anno fa tappa anche qui, per richiesta del CIRCOLO PD VIGENTINO e per merito della COOPERATIVA EDIFICATRICE VERRO che, nel restauro della sede, ha voluto ripristinare in facciata quella lapide di cui si era persa la memoria.

La lapide recita “Qui abitò Angelo Pavesi che alla causa della Libertà fece dono della vita.” 1920-1945

Da queste parole siamo partiti: per non vanificare il dono del giovane partigiano. Perché qualsiasi dono, anche il più prezioso, è privo di senso se non c’è chi lo riceve, e se ne fa carico. Se non c’è chi lo conserva e ne rilancia con forza il messaggio, in qualsiasi tempo. Specie nei nostri tempi sofferti, privi di un sentire comune e di principi condivisi.

Ci è sembrato, questo, il modo migliore per celebrare il 65° anniversario della Liberazione: riprendendo cioè’ il filo della memoria, punto di ancoraggio che tiene salda la nostra identità, per ritrovare slancio e passione nelle sfide che stiamo vivendo. Di Angelo, della sua vita personale, dei suoi sogni di ragazzo in un paese precipitato dalla dittatura alla guerra e poi nel vortice di uno scontro tra fratelli, abbiamo scoperto poco, nonostante le ricerche. E’andato con i partigiani, nella 40 Brigata Matteotti, è morto sui vent’anni, è stato riconosciuto tra i martiri della libertà, come certificano i documenti presso l’Annuario dell’ANPI.

Ma noi non volevamo farne un eroe sopra le righe, ci tocca e ci piace di più la sua dimensione di uomo semplice, di ragazzo della porta accanto, che, davanti al bivio, sa prendere posizione, con la schiena dritta, costi quel che costi.

Per questi molti erano commossi quando si sono levate nella via le note del”Silenzio”, e quando una giovane ha letto la “lettera aperta al partigiano” che abbiamo voluto dedicargli, per riflettere con lui, Resistente di un tempo, della nostra condizione di “resistenti “confusi di oggi.

Tante belle bandiere, tanta gente, e tanti volti giovani, gratificante il gruppo degli studenti tedeschi e spagnoli venuti in Italia per studiare la resistenza – Molti gli applausi alla ripartenza del corteo Anpi.

Affiorano i ricordi. Lucia racconta il suo 25 aprile del 1945: era pronta per la cresima in Chiesa Rossa, quando il micidiale “Pippo”, in volo radente, colpisce un carretto carico di frutta. Cade il cavallo, i bambini urlando si rifugiano nel sotterraneo. Aspettano. Verrà l’arcivescovo? No, il cardinal Schuster non può venire, è impegnato nelle ultime, febbrili trattative tra le parti per scongiurare altro spargimento di sangue in città…. Per stemperare l’emozione, abbiamo chiesto ad Alfredo, già musicista alla Scala, di suonare per noi gli “inni obbligatori” : Bella ciao, Fischia il vento, Addio Lugano bella… Si chiude con Fratelli d’Italia: mano sul cuore. Se i politici capissero che di emozioni si vive…!

Angela Lanzi- PD Circolo Vigentino
 
Per vedere le foto del "nostro" 25 aprile...clicca qui
 
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- 25 aprile 2010 -
65° ANNIVERSARIO della LIBERAZIONE dal NAZIFASCISMO


Lettera aperta ad Angelo Piero Pavesi, resistente di ieri, ad uso di quelli ( pochi ) di oggi.

CARO ANGELO, CARO PARTIGIANO

Io non ero ancora nata quando 65 anni fa, tu ragazzo sui vent’anni, hai fatto “dono della vita alla causa della liberta”, come si legge sulla lapide che oggi onoriamo.

Oggi apprendo che Nino ( questo il tuo nome di battaglia ), partigiano della 40° Brigata Matteotti, residente in via Bernardino Verro 44, moriva a causa delle ferite riportate mentre sfuggiva ai miliziani della Muti, venuti per catturarlo. Tu, Nino, sentivi che la liberazione era vicina, ma a te non era concesso questo traguardo per cui avevi investito i tuoi anni ardenti e generosi.
Tu non sei stato a guardare, tu hai gridato: NON IN MIO NOME!
contro la violenza di un pensiero unico, fonte di tanti lutti e tragedie per il paese.
TU HAI FATTO UN PASSO AVANTI, perche’ del MALE ASSOLUTO DI OGGI
che è L’INDIFFERENZA, L’ASSENZA DI PASSIONI, LA MANCANZA DI CORAGGIO –
tu hai scelto di non essere toccato. hai scelto di resistere.
Sembrava che il sangue dei martiri della Resistenza, quale tu sei, sarebbe bastato
per assicurare all’Italia un futuro fatto di valori imprescindibili: come la CONVIVENZA nella DEMOCRAZIA, finalmente conquistata, pagata al prezzo di tante vite,
e la PACE, NEL RISPETTO DEI DIRITTI DI TUTTI.
Eppure oggi, dopo tanti anni, ci ritroviamo a domandarci, drammaticamente, se stiamo riavviandoci verso quella china pericolosa che, negli anni ’30 ci portò al fascismo.
Ai nostri giorni, per restaurare quel clima, non c’è più bisogno di carri armati o di tribunali speciali.
La democrazia può essere compromessa con l’uso di altri mezzi, meno cruenti, ma infinitamente più subdoli e altrettanto efficaci - e devastanti: sono i MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA se, concentrati nelle mani di uno solo, insieme a grandi ricchezze, possono ipnotizzare il sentire e condizionare la pubblica opinione fino a estorcere, senza averne l’aria, il consenso.
Questo paese sta cadendo in una trappola micidiale SE NOI NON RESISTIAMO. Se non gridiamo forte e chiaro “Non in mio nome” , come tu hai fatto- liberandoci dalle paure, scendendo nella mischia, contro NUOVI egoismi e separatismi, contro furbizie e violenze, per creare altri orizzonti.
Già il revisionismo storico avanza; già si tenta di equiparare i caduti partigiani a quelli dei repubblichini di Salò; già si negano persino l’Olocausto e i campi di sterminio nazisti; e qui nel nostro quartiere, già si tenta di infangare la figura di Sandro Pertini da parte della maggioranza DI DESTRA del Consiglio di Zona 5 .E sempre a nome di tale illuminato Consiglio, si vuole confinare per così dire in cantina le celebrazioni del 25 aprile, negando l’uso della sala consiliare, un luogo pubblico all’altezza di quei valori civili che hanno fatto grande il nostro paese.
CARO Angelo Pavesi, per questo siamo qui in questo 25 aprile, 65 anniversario della Liberazione: perché, c’è ancora qualcosa da liberare e c’è ancora molto per cui resistere.

Onore a te, giovane partigiano, nome di battaglia NINO, che ci inviti a usare LE ARMI DELLA MENTE E DEL CUORE, perché in ogni paese, in ogni tempo - e prima di tutto: RESISTENZA E’ CATEGORIA DELLO SPIRITO.

 

L'Angolo di Beppe - "Primavera a Quintosole"


Questa volta, e forse non sarà l'ultima, prendo un pò di  spazio in quest'angolo di Beppe, la rubrica che ogni settimana sarà curata dal nostro Pino Benincasa.
Mi macchio di questa "occupazione abusiva", perchè, dopo aver letto l'articolo di Pino, sono andato a Quintosole con altri amici del circolo, tra i quali l'anima di questa storia - Sandro Borsotti - per... "vedere l'effetto che fa".
Il borgo è abitato da circa 400 persone ed è bellissimo. Potrebbe esserlo molto di più.

In pieno parco sud, sembra di essere tornati indietro nel tempo, come in quel capolavoro che fu "Non ci resta che piangere" di Benigni e Troisi.
Parte di questa bellezza è dovuta alla cooperativa Pedrazzini che anima questo borgo pieno di cascine, di risaie e con una chiesa che è un gioiello.
E poi le case, sulle quali si vedono ancora le scritte di quell'epoca "VIVA BINDA" ad esempio, oppure "GANINI SANTO", che non è un'invocazione al Vaticano ma il nome di un partigiano ucciso dalla violenza fascista propio su quel muro.
Ma la bellezza svanisce quando pensi che in questo borgo non c'è neppure la fognatura.
Nel 2010 le acque reflue delle case si riversano in quel rivolo d'acqua che si chiama Rile, che ha la sventura di passare da lì. Un tempo, forse, serviva le risaie, che ancora si vedono.

La bellezza svanisce quando ti accorgi che non c'è neppure un parcheggio e le auto sono buttate qua e là e il manto stradale è del tutto inadeguato.

La bellezza di questo borgo, purtroppo,  la puoi solo intuire, perché quelle cascine stanno cadendo a pezzi, così come le case, diroccate e disabitate da troppi anni. 
La lenta decomposizione di queste strutture, però, è avvenuta mentre si costruiva, a pochi metri,  il carcere di Opera con il suo murone alto e grigio che interrompe la vista dei campi che portano fino all'abbazia di Mirasole.  
E qui si è costruito anche lo IEO, recentemente raddopiato nelle dimensioni. Ora sarà edificata anche la sede del Centro di ricerca biomedica. Non lontano c'è il depuratore.
Qui il Comune di Milano vuole costuire anche l'inceneritore.
Non è forse troppo?

Ho voluto appropriarmi di  questo angolo - e spero che Pino non me ne vorrà -  perché credo che da qui, da questo racconto, noi del circolo Vigentino del Partito democratico dobbiamo iniziare a fare politica.
Dobbiamo, cioè, occuparci di ridare dignità e rispetto alle persone che vivono in quel borgo,  dotarli degli strumenti elementari che sino ad ora il Comune di Milano ha loro negato.
E dobbiamo occuparci di recuperare un luogo che ci racconta le nostre origini e che potrebbe farlo meglio se gli consentissimo di tornare con noi nel futuro, come non accadde a Beningi e Troisi, condannati a rimanere per sempre a Frittole, nel 1400...quasi 1500.  
Dobbiamo dire no all'inceneritore ma, contemporanemante, vogliamo dire anche si a un borgo diverso, valorizzato come merita.
Perché oltre alla protesta noi vogliamo fare anche la proposta.
 
Cosimo Palazzo, coordinatore del circolo Vigentino 

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PRIMAVERA A QUINTOSOLE


Vedi, in questa cascina io ci sono nato, proprio in quella là, vedi – Sandro mi indica un angolo di un meraviglioso complesso agricolo, ora semidiroccato, con un porticato in mattoni rossi da far invidia a un chiostro domenicano o all’Alhambra di Granada.
Quella che fu una fiorente cascina fino agli anni '60 si estende su un lembo del territorio dell'agglomerato di Quintosole, nel Parco Agricolo Sud di Milano, fra un fosso, ora asciutto e un filare di olmi in cospetto di un gigantesco silos grigio. Sullo sfondo le case di Rozzano da un lato e, più vicine, le mura della Casa Circondariale di Opera.

Questo fosso incrocia più avanti quella roggia che vedi laggiù. Un tempo, da bambino, ci venivo a pescare le rane. – Come, pescare? – gli faccio – Ma le rane, abboccano all’amo? –
Sandro sorride dietro gli occhiali nella sua faccia onesta e pulita.
Io seguivo il trattore nella marcita; mio padre mi indicava il punto in cui sotto il pelo dell'acqua si vedevano le rane. Avevo una canna e al filo c’era appeso un pezzo d’esca o un girino. La rana lo ingoiava e io l’afferravo mettendola in un secchio assieme alle altre. Alla sera, tornato a casa, davo il secchio a mia madre e lei puliva le rane e le spellava e poi si mangiavano cucinate con il risotto. Non c’era altro, si viveva anche con quello! –

Ora la marcita è asciutta e l’unica acqua che c’è scorre in un “fugnun” ed è torbida e puzzolente.
Riceve gli scarichi delle case e dei condomini venuti su come i funghi a partire dagli anni sessanta e che ancora non hanno le fogne e i servizi essenziali. La giornata assolata di primavera, preziosa a Milano, invita a camminare in allegria sul tratturo. La voce di Sandro racconta dell’infanzia, del padre che curava le mucche nelle stalle, del suo girovagare da un casolare all’altro, spesso sfrattato, della Casa del Popolo il cui rudere sconnesso conserva ancora qualche lettera sbiadita della scritta sul frontone ormai sbriciolato. Memoria semicancellata del tempo che fu. Alfredo ed io guardiamo in silenzio e immaginiamo la vita fra le marcite e le cascine, fra le rogge e i fontanili della campagna a Sud di Milano che è ancora bella se la lasciano stare. In fondo, verso Opera, la tangenziale con le automobiline che si vedono correre in lontananza come giocattoli su una pista di plastilina. 
Andiamo a vedere la chiesetta – dice Sandro e porta me e Alfredo in un cortiletto su cui si  apre la chiesetta dell’Assunta. La parte anteriore e il frontone sono stati rifatti da poco a intonaco grigio, ma l’abside è bellissima sopra l’altare e mostra il suo tesoretto di un affresco che arriva sino alla volta ad archi incrociati. Su un lato, in fondo alla chiesetta, c’è un organo elettrico di nuova generazione. Alfredo, che è musicista, mette allo scoperto la tastiera e l’accarezza cogli occhi; poi cerca avidamente il tasto di accensione nel pannello posto sulla parete vicina, ma non lo trova. Non può suonare. Peccato! Gli avrei chiesto di eseguire la “Toccata e Fuga in Re Minore” di Bach che io adoro e che in quel luogo e con quel sole mi avrebbe commosso fino alle lacrime. Peccato davvero!

Usciamo per le viuzze assolate. Le cascine diroccate sui due lati della strada dovevano essere stupende un tempo. Queste terre sono dell’Ospedale Maggiore – mi dice Sandro – Mi viene in mente che anche la zona agricola adiacente, fino alla “grangia” di Mirasole, appartiene all’Ospedale Maggiore fin dal 1787, quando Napoleone Bonaparte la donò alla Fondazione come ricompensa per le cure prestate dall’Ospedale ai suoi soldati feriti.

Mirasole e Quintosole costituiscono un unico dono nel Parco Agricolo Sud di Milano. Ma ecco laggiù la torre dei telefoni a Rozzano e, più a sinistra, l’azzurra costruzione del depuratore di S. Rocco al Basmetto, vicino a Ronchetto delle Rane. La bella chiesa del borgo è stata rifatta e ristrutturata a cura di una Fondazione, ma nei giorni di scirocco si respira all’intorno l’aria mefitica del depuratore. E ci vogliono costruire pure l’Inceneritore, a Opera, a cento metri dal Santuario della Madonna dell’Aiuto. Povero Parco Sud ! Ma i sindaci di Opera, Rozzano, Pieve Emanuele e Locate Triulzi si oppongono strenuamente. Andate a costruirlo a Sesto S. Giovanni, se proprio non se ne può fare a meno! Qui abbiamo già dato, fra tangenziale, ospedale, carcere e depuratore. Ci manca solo l’Inceneritore!

Andiamo a vedere la cooperativa – dice Sandro. Il capanno è ampio, col tetto nuovo di zecca e il soffitto appoggiato sulle travi a vista E’ la nostra cooperativa Pedrazzini. Qui abbiamo fatto tante feste dell’Unità in passato! – E infatti il locale è ingombro di vasellame, bicchieri, pentole di ogni dimensione, marmitte e cucine da campo. - Qui facciamo la festa del Primo Maggio. Sarà la nostra festa, quella del Lavoro! –

Una signora si affaccia a una finestra e saluta Sandro. Qui lo conoscono tutti, lui qui è di casa. Sandro indica me e Alfredo. Ciao, Lina. Sono due amici che vogliono scrivere un pezzo sul nostro Quintosole – La donna coglie subito l’occasione. Scrivete, per favore, che qui non c’è una privativa e se vogliamo fare la spesa per mangiare ci tocca andare a piedi fino a Noverasco che sono due chilometri da fare sulla Ripamonti dove non c’è un marciapiede e quando piove si rischia di brutto con un traffico mostruoso. - Va bene, signora, lo scriveremo, abbia fiducia –

Più avanti un tipo con una palandrana lisa e un cappello a falde spioventi si muove in mezzo alla strada con in mano un gran foglio simile a una mappa e una biro. Sembra misurare l’asfalto nuovo a larghi passi. Sandro si ferma incuriosito. Lui è il padrone qui e vuole controllare tutto. Che cosa sta misurando, per favore? –
L’uomo alza la testa e sembra contento di scambiare due parole. Sono qui per conto del Comune di Milano e sto misurando gli spazi per la costruzione della fogna. Mi hanno incaricato di fare questo lavoro. Vedo che di qua conoscete tutto – Finalmente, era ora! – dice Sandro.
Questo non è proprio il mio lavoro – dice l’altro con forte accento calabrese. Io sono musicista; suono la chitarra e il mandolino e ho fatto anche il concorso alla Scala,ma nessuno mi ha protetto, tanto meno i sindacati; io sono calabrese, di Soverato –
Alfredo sembra volerselo mangiare cogli occhi. Lui è musicista per davvero e la Scala la conosce bene.
Io ero in commissione per i concorsi, ma non mi pare di averla mai vista. E’ sicuro di essersi presentato? E in quale anno? – E’ stato nel ’90. Ma nessuno mi ha protetto; solo la Lega lo fa con gli iscritti e chi vota per lei. Ma adesso che vinciamo e facciamo il federalismo fiscale, tutti staremo bene finalmente.-
Lo guardo per capire se fa sul serio o se scherza. Fa sul serio.  Scusi, mi spiega che cosa è esattamente il federalismo fiscale? – gli faccio – Tutti se ne riempiono la bocca, ma mi pare che nessuno finora sappia esattamente che cosa sia – E’ facile – risponde con sicumera, guardandomi come se fossi un povero idiota. – Tutte le regioni si tengono stretti i soldi della raccolta fiscale, tranne una piccola quota che va in un fondo comune e serve per tutti. –
Scusi obiettai – ma per raccogliere delle imposte bisogna tassare dei prodotti o delle persone, le buste paga o le pensioni. Ma che cosa produce la Calabria da tassare? Quali sono le aziende? Non è vero che la gente scappa al Nord o all’estero, dipendenti, professionisti e commercianti? Persino la ‘ndrangheta ormai è al Nord. Lei, perché è venuto qui a cercare lavoro? - Mi guarda e comincia a perdere la sua sicumera esibendo un sorriso.

Quale fondo comune, poi? – incalza Alfredo – Quali sono i soldi che può mettere a disposizione la Calabria che non ha gli occhi per piangere? E chi li amministra? Il governo della Lega? E’ come mettere un lupo a guardia dell’ovile con gli agnelli. Lei dovrebbe farsi difendere da quelli che una volta erano di AN al suo paese, non dalla Lega. – Lei sa cosa sono i fondi FAS? – continuo . Mi fa cenno di no con la testa. – Sono dei fondi statali istituiti dal governo Prodi per lo sviluppo delle aree sottosviluppate. Sa che cosa ci fa Tremonti con questi fondi che sono del Sud e dei meridionali? Li usa come un Bancomat per le spese correnti, come il TFR dei lavoratori, e ci paga pure le quote-latte per gli allevatori del Nord che infatti adesso non si lamentano più per lo sforamento delle quote e per le conseguenti multe della Comunità Europea –

Adesso non parla più, ma sorride sempre. Il leghista di Soverato non sa più cosa dire. Alfredo gli da l’ultima stoccata. Legga più libri e si informi di come vanno le cose e suoni meno il mandolino –


Passano degli amici di Sandro.
Alura, Sandrin, cuma te vet? –
Mi, ben, e vialter? – .
Uno è un mio compagno di scuola –
mi dice Sandro con un sospiro
 – Quanto tempo è passato ! –

Giuseppe Benincasa

Via Ripamonti: al mercato dell'integrazione.


IL MERCATINO DEL CONSORZIO di via Ripamonti è un bell'esempio di integrazione con qualità e risparmio.

Più che la demagogia, parlano i fatti. Chi lo frequenta si sarà accorto che in uno spazio non molto esteso convivono più persone, lavoratori di diverse provenienze. 

I formaggiai, quasi esclusivamente della bassa padana, ben disposti non solo a vendere ma anche a spiegare la qualità dei loro prodotti.  

Gli addetti alla vendita dei prodotti agricoli, all’infuori di chi sta alle casse, quasi esclusivamente cittadini extra-comunitari. Lavoratori che con assoluta professionalità e cortesia “servono”  clienti altrettanto gentili nei loro riguardi.

Tutto funziona in modo disciplinato senza quel nervosismo che ti assale se devi fare la fila, anche di mezz’ora, prima di poter scandire le quantità di ortaggi, frutta e verdure da acquistare.

Sembra un altro mondo rispetto a quel che ci viene raccontato. Pensate, l’ironia della sorte, una delle aziende agricole si chiama BOSSI. Non credo che siano parenti dell’altro più famoso.

La domanda che ci dovremmo porre è “se sia possibile produrre, e noi consumatori risparmiare, senza l’apporto e la fatica di questi lavoratori: Pakistani, Cingalesi, Indiani, Peruviani ecc.”

Di questi esempi, di rispetto e convivenza, ce ne saranno a centinaia di migliaia nell’intero paese dentro le nostre famiglie, in agricoltura, nelle fabbriche, nei cantieri, nella distribuzione di prodotti: tutto questo non fa notizia. In prima pagina basta sbattere sempre un migliaio di Rom in tutta Milano che vengono sballottati da una parte all’altra del nostro territorio senza trovare mai una soluzione al problema.

Rispetto delle regole, stabilite dalla nostra Costituzione, e dei diritti. Nessuna indulgenza per chi delinque. Ma soprattutto, basta demagogia.

Questo racconto (raccolto) ci dimostra che potrebbe essere questa la strada giusta per ottenere risultati duraturi, rispettandosi:  LEGALITA’, ACCOGLIENZA, INTEGRAZIONE.
Si può.
Al mercato del Cosorzio di via Ripamonti c'è già.

Amedeo Iacovella

L’ ANGOLO DI BEPPE

Riflessioni sui risultati delle Regionali
La nostra gente ha passato nell’alternanza di speranza e angoscia la serata di lunedì 29 marzo alla televisione,qualcuno anche parte della nottata, per seguire fino in fondo, in uno stato quasi di dolorosa incredulità, quanto si stava consumando nei seggi elettorali di Piemonte e Lazio.

Il colpo è stato duro, vuoi perché si pensava alla défaillance del PdL dopo i noti fatti della liste elettorali, con relativo arrogante decreto dell’Egoarca, vuoi perché il governo si era attirato il risentimento dei telespettatori, privati dei talk-show politici preferiti. Questa défaillance si è effettivamente verificata, malgrado i trionfalismi fasulli del suddetto Egoarca, ma non si era tenuto conto del fattore Lega, anche se le previsioni e i sondaggi dei mesi precedenti le elezioni avevano chiaramente annunciato la valanga leghista nel Nord del paese. La sconfitta di Mercedes Presso in Piemonte non era certo preventivata e per quella di Bonino nel Lazio si era sottovalutato l’intervento a gamba tesa del cardinale Bagnasco contro l’ “ abortista “ radicale e quello del fascista Ciarrapico, decisivi nel contado e nella provincia di Roma.

Molti si sono quindi lasciati prendere dallo scoramento, non trovando di meglio che inveire contro questo popolo cialtrone, opportunista e ancora sotto ipnosi televisiva, pur in cospetto delle malefatte e del malgoverno delle destre. Nei giorni successivi poi i media nelle mani di Berlusconi e persino i giornali vicini all’opposizione, secondo il costume italico, sono corsi in soccorso del vincitore esaltando i successi della Lega, ma attribuendoli anche al PdL che in realtà ha perso circa tre milioni di voti. Tutto ciò ha fatto precipitare ulteriormente il morale del popolo di centrosinistra che non si è più raccapezzato fra le cifre confuse e spesso astruse fornite dai mezzi di comunicazione circa i risultati paragonati a quelli di elezioni precedenti sia a livello politico generale che amministrativo. I più non si sono quindi neanche accorti che nella giornata di martedì 30 sono stati resi noti i risultati delle comunali in alcuni importanti centri del Nord come Venezia, Lodi e Lecco in cui un ministro e un sottosegretario dell’attuale governo, candidati, sono stati sonoramente sconfitti. Ora, se si guardano i risultati delle regionali con più calma e razionalità, si scopre che il centrosinistra non ha riconquistato quattro regioni che governava, come Lazio, Piemonte, Calabria e Campania, il che è sicuramente un risultato negativo, ma si deve tener conto anche che su tredici regioni andate alle urne, sette hanno visto la vittoria del centrosinistra e sei quella delle destre. Che cosa si sarebbe detto dunque a parti invertite ? Inoltre il centrosinistra ha incrementato di un punto e mezzo percentuale la prestazione nelle elezioni provinciali ed europee dello scorso anno, malgrado una forte astensione che lo ha colpito, attestandosi a livello nazionale fra il 27 e il 28 %, mentre la sola PdL ha perso sei punti percentuali, andati in buona parte a vantaggio della Lega al Nord e alla astensione nel resto del paese. Si pensi poi a quanto si affermava solo a metà gennaio, quando tutti i vaticini politici davano il centrosinistra perdente in tutte le regioni e la destra vincente, anche nella Italia appenninica, per tredici a zero !

Tutto bene quindi per il nostro partito? Tutti risolti quindi i nostri problemi? Certamente no; ma non bisogna neppure gridare al disastro o abbandonarsi a pulsioni suicide. Una di queste, la più deleteria, sarebbe quella di rimettere in discussione la segreteria nazionale dopo pochi mesi dal consolidamento della leader-ship del partito. Pierluigi Bersani ha fatto onestamente quanto era possibile fare in tempi ristretti, anche nella individuazione delle candidature. L’amministrazione cattiva di Bassolino in Campania negli ultimi anni e di Loiero in Calabria (uno rinviato a giudizio in questi giorni e l’altro appena assolto) hanno quasi obbligato alla frettolosa designazione di De Luca (anche lui indagato) e di Loiero che aveva comunque regolarmente vinto le primarie. Per il Lazio non esistevano candidature autorevoli (malgrado le pressioni su Zingaretti sempre respinte), dopo lo scandalo Marrazzo e si è accettata come una benedizione la candidatura di una figura onesta, capace e autorevole come Emma Bonino. Per la Bresso non vi erano motivi di dubbi, ed infatti il testa a testa col reazionario Cota è durato sino a notte inoltrata. Del suo risultato va comunque ringraziato anche Grillo.

Quali colpe sono dunque attribuibili al segretario? I risultati sono comunque insoddisfacenti sul piano pratico ma non disastrosi su quello politico, come si è voluto far credere a caldo forse, da parte di taluni, interessatamente. Resta il grosso problema che il nostro partito non ha saputo intercettare i voti in libera uscita dal PdL, con il berlusconismo che si avvia verso il declino, ma anzi che ha, a sua volta, perso consensi a favore dell’astensione. Occorre certamente un colpo di reni per uscire dall’impasse e certo saranno indicative le elezioni del prossimo anno per il rinnovo dei sindaci di alcune grandi città come Napoli, Bologna e Milano soprattutto, dove si dovranno scegliere i candidati a furor di primarie. “ Più gazebo e meno loft “ è lo slogan da poco coniato, che dovrà guidarci per presentare i nostri aspiranti futuri sindaci che speriamo siano facce veramente nuove. Inoltre il partito deve fin da ora prepararsi alle elezioni politiche del 2013 che saranno decisive per il suo futuro. E’ certo che la stagnazione di consensi che ci vede attualmente a meno del 28% è un trend negativo che però accenna a migliorare. Bisogna lasciare da parte per il momento la pura e semplice cura delle alleanze che da sola ( è stato dimostrato ) non basta a risolvere i problemi e bisogna presentarsi ai cittadini con un programma chiaro, univoco e ben definito senza aver paura che qualcuno, anche al nostro interno, dissenta o minacci di andarsene. I temi devono andare dalla difesa del lavoro al progresso sociale, dalle riforme istituzionali alla scuola, dai temi etici quali i PACS o il fine vita alla difesa dei diritti delle donne (oggi seriamente minacciati dall’asse Lega-Vaticano) , dall’ambiente al rifiuto senza se e senza ma del nucleare, dalla difesa del posto di lavoro e delle pensioni all’aiuto alle imprese perché esse riprendano competitività e assicurino occupazione stabile, dalla risoluzione senza ambiguità dei problemi legati all’immigrazione all’estensione dei diritti politici locali ai lavoratori stranieri, dal sostegno ai disoccupati al prolungamento della cig e al salario minimo garantito, dalla giustizia fiscale allo abbandono della politica di condoni e sanatorie con equa tassazione delle rendite finanziarie. Sono questi i temi con cui dobbiamo presentarci al paese, senza timidezze e senza piegarci agli interessi delle lobbies per averne l’appoggio, ma difendendo i nostri principi; in altre parole, bisogna avere coraggio. Per quanto attiene più modestamente all’orticello del nostro circolo, penso che si debba operare un piccolo cambio di strategia per ottenere risultati migliori anche in vista delle elezioni comunali del 2011. Forse sprechiamo troppe energie, frutto del lodevole impegno dei nostri iscritti, in dibattiti, riunioni, meeting, marce, manifestazioni e spettacolini che si svolgono sempre tra noi e comunque in presenza di persone che già ci danno il loro voto. Penso invece che dobbiamo uscire,come usa dire, sul territorio, contattando la gente che ha voglia di parlare e ascoltarla, dare consigli, fornire materiale scritto semplice e comprensibile sui temi della vita reale delle persone. Bisogna consumare le suole, come dice Maiorino, visitare i mercati, attrezzare gazebo il sabato o banchetti davanti alle scuole e alle aziende, dandoci dei turni e restando visibili il più possibile. Se faremo tutto questo non potremo non avere i risultati sperati e la nostra attuale debolezza nei confronti delle destre diventerà una forza benefica al servizio della collettività che è poi la missione per cui noi crediamo nel nostro partito.

Giuseppe Benincasa