Difendiamo la cultura!

Il Fondo Unico per lo Spettacolo è stato finalmente ripristinato, dopo una numerosa serie di mortificazioni e di penalizzazioni inflitte in questi anni dal governo al settore della cultura italiana.
Ancora una volta l’assenza di politiche di sostegno e di sviluppo hanno confermato come per il Governo Berlusconi la cultura non rappresenti una leva fondamentale per lo sviluppo economico e civile del paese ma semplicemente una delle tante voci di spesa.
Guardiamo comunque con cauto ottimismo al ripristino del FUS, per il quale il PD si è battuto sia in parlamento che nel paese. Resta un grave un grave problema: non solo i fondi destinati alla cultura non sono assolutamente sufficienti, ma saranno anche questa spillati dalle tasche degli italiani: i pochi fondi destinati alla cultura e allo spettacolo verranno prelevati attraverso un ulteriore aumento della benzina.
Quel che più colpisce è che sarebbe bastato semplicemente accorpare il referendum alle elezioni amministrative di maggio per recuperare ampiamente ciò che era stato tolto.
Il Partito democratico continuerà comunque a portare avanti in contrapposizione al governo Berlusconi la propria idea di rilancio del settore della cultura attraverso politiche di trasparenza e investimenti.
Ed è per questo che per questo weekend sono previsti due appuntamenti: sabato 26 marzo, alle 11 presso il gazebo del Pd in Piazza Cordusio per la manifestazione “Risorge la cultura, risorge Milano” che vedrà la partecipazione diFrancesco Laforgia, Pierfrancesco Majorino, Stefano Boeri e Giuliano Pisapia con delle letture di Ottavia Piccolo, e domenica 27 marzo quando correremo per la cultura alla Stramilano con il "nastro giallo" del PD.

Concerto per il Borgo a Chiaravalle


Il Gruppo Cultura del Circolo PD Vigentino "Angelo Vassallo" ha il piacere di invitarvi al


Il coordinamento artistico è curato dal Maestro Alfredo.

Si esibiranno il Soprano Barbara Costa e la PianistaInessa Filistovich.

L'ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti.
LO STATISTA

Truffia era un piccolo staterello dell’Europa orientale. Si trattava di una repubblica democratica, ma solo fino ad un certo punto “democratica”. Il capo del Governo era il “conducator” Ligator ed era al potere da circa diciott’anni. Il suo partito era stato votato dal 30% appena degli aventi diritto, ma, in coalizione con il partito xenofobo e ultralocalista, nonché con l’appoggio più o meno palese della Chiesa d’Oriente, in cambio del mantenimento delle sue prerogative e privilegi, non vi era chi potesse sbalzarlo dal comando. Amava apparire come il paladino dei valori della tradizione, specie per compiacere l’elettorato bigotto e baciapile sempre potente nello stato di Truffia, e specialmente diceva di privilegiare i valori della famiglia, al punto che ne aveva avute ben due e che anche una terza, con una avvenente ministra, non gli sarebbe dispiaciuta. Le sue due famiglie infatti disponevano di una potenza economica quasi illimitata e si giovavano della proprietà dell’unica rete televisiva e dei pochi giornali del paese con cui detenevano il monopolio dell’informazione, necessario per formare il consenso.Tutto potrebbe quindi sembrare liscio come l’olio; ma c’era un “ma”. Ligator era in guerra perenne con la Magistratura del paese che, secondo la Costituzione vigente, era indipendente e autonoma e i suoi membri, che provenivano tutti, anche i Pubblici Ministeri, dalla Scuola Superiore della Giustizia, si erano messi in testa che nessuno fosse al di sopra della Legge; cosa che il capo del Governo trovava sommamente disdicevole perché lui era al di sopra di tutto. Il Parlamento, formato da due Camere, era quello che si poteva definire “una assemblea di compiacenza”. Era un organo che serviva solo a tramutare in leggi le iniziative unilaterali del Governo, senza contraddittorio tra il gruppo della sparuta opposizione e quello della prezzolata maggioranza di proprietà del premier. Ligator, che era ormai entrato nell’età della vecchiaia, aveva l’ossessione delle donne e del sesso che continuava a praticare copiosamente ( sognava l’eterna giovinezza come Faust ) con vari ausili chimici e meccanici; per cui dispensava soldi, cariche pubbliche ( pagate dai contribuenti ), gioielli, case e perfino auto ad attricette,veline, letterine, escort e fanciulle di bell’aspetto, perfino minorenni.

LA CORTE DEI MIRACOLI
Una sera d’estate, ad una cena di partito, un giornalista a lui devoto fino al servilismo, di nome Cornelius, molto chiacchierato come prosseneta, gli presentò sua moglie, il cui nome d’arte era Jessica, giovane donna venticinquenne, bellissima, attricetta di non specchiata virtù, di cui Ligator subito s’invaghì. 

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Unità d'Italia e federalismo


Carissimi, abbiamo il piacere di festeggiare insieme l'Unità d'Italia rievocando l'impresa garibaldina in una rappresentazione multimediale "Tutti pazzi per Garibaldi": immagini, parole, musica per raccontare l'audacia di una speranza, la forza di un ideale, il coraggio di una conquista.

Festeggiare l'Unità d'Italia è un'occasione per riflettere insieme sulla svolta federalista e la sua compatibilità con l'unità stessa.

Lo faremo insieme, con il contributo di Nando Dalla Chiesa. Parteciperà, inoltre, Aldo Ugliano (Consigliere comunale PD).

Vi aspettiamo alle 21,00 presso il Salone Arci Bellezza, via Bellezza 16/A.

L'ARCI di via Ripamonti viene chiusa - denunciamo l'ipocrisia della giunta comunale


Lunedì 7 marzo alle 17,30 il circolo PD Vigentino "Angelo Vassallo" effettuerà un presidio a seguito della chiusura preventiva del circolo ARCI La Casa139.
Vogliamo denunciare l'amministrazione comunale per l'ipocrisia con cui governa la città, utilizzando due pesi e due misure: severa coi deboli, tollerante con gli speculatori e gli immobiliaristi.
Una giunta, quella della Moratti, dove hanno trovato posto "personaggi" che hanno intascato mazzette.

Ci troviamo lunedì 7 marzo alle 17,30 in via Ripamonti angolo via Gallura.

Il genocidio in Libia e la diplomazia del governo italiano.

Gheddafi bombarda il suo popolo con l'aviazione. 10mila persone uccise. 50mila ferite. Un genocidio.
Chi può fare questo se non un folle? Un uomo che non si fa scrupolo di annientare il suo stesso popolo: questo è Gheddafi.
E allora viene spontaneo domandarsi come sia stato possibile che con quell'uomo si sia trattato, talvolta oltre la decenza, come nel caso del Governo italiano a cui è mancato persino il pudore.
Così come non si può non restare colpiti dalla constatazione che quei fatti, specialmente nel nostro Paese, anziché suscitare orrore e provocare iniziative diplomatiche efficaci, hanno prodotto un balbettio timido e nessuna azione.
Per l'Italia questo è il frutto, anche, di anni di parole contro i cittadini non europei, di leggi inutilmente severe e inefficaci. Anni di “diseguaglianza” e di divisione .
Di fronte a quei bombardamenti si è concentrati nell'invocare, come un mantra terrorizzante, il flusso portentoso di un popolo in fuga, preoccupazione seria ma secondaria.
Prima dovremmo essere preoccupati per le persone che in Libia da 40 anni subiscono una dittatura feroce e oggi perdono o rischiano di perdere la vita.
Prima ancora, nel tempo, avremmo dovuto concentrarci nel far sentire la nostra vicinanza a un popolo che cercava di liberarsi e che in noi avrebbe voluto avere un alleato e non uno spettatore stupito.
Dopo quanto accaduto in Tunisia, in Egitto e in Libia - e che promette di compiersi anche in altri Paesi di quell'area del mondo - ci si deve interrogare sul modo in cui si sono condotti i rapporti internazionali.
Si deve riflettere su come sin qui si siano bilanciati gli interessi.
Si può davvero pensare di mantenere l'ordine internazionale consentendo a figure come Gheddafi, per citarne uno, di soffocare per decenni con la violenza l'aspirazione delle persone di vivere come esseri umani?
Al di là delle considerazioni ovvie sulla necessità di promuovere il rispetto dei diritti umani - che dovrebbero essere sufficienti a orientare le nostre azioni - si può davvero coltivare l'illusione che i soffocati non alzeranno mai la testa per porre in discussione quell'ordine costruito da altri?
E se un folle governa un paese, come nel caso della Libia era da tempo evidente a tutti, può davvero l'Europa, e con essa i governi dei paesi membri, restare immobile o addirittura compiacerlo, come ha fatto l'Italia di Berlusconi?
*
In questo quadro di responsabilità collettiva, il caso italiano è stato particolarmente grave.
Il silenzio prolungato di Berlusconi, interrotto dalla dichiarazione di non voler disturbare Il dittatore libico perché “impegnato” (abbiamo poi visto come), è stato grottesco.
Ma anche il Ministro degli Esteri si è conquistato un posto nella storia (con la s minuscola).
Del resto Frattini aveva mostrato tutta la sua “sensibilità” non solo con la scandalosa vicenda di Monte Carlo, mentre l'Egitto faceva la Storia (con la s maiuscola), ma soprattutto in precedenza, quando aveva abbandonato il ruolo di commissario europeo, nel quale si era da poco insediato, per diventare ministro degli esteri con risultati, peraltro, sotto gli occhi di tutto il mondo, purtroppo.
Un gesto di una gravità istituzionale senza precedenti che non è rimasto privo di conseguenze sulla nostra capacità di essere ascoltati in Europa.
Tutti, poi, ricordano la sua intervista al TG1 nel gennaio 2009 mentre in tuta da sci commentava la crisi di Gaza.
Un uomo del tutto inadeguato a quel ruolo.
E che dire del Ministro dell'Interno, il leghista Roberto Maroni, il cui attivismo è evidente a tutti.
Da giorni ha ingaggiato una personale battaglia contro l'Europa, senza ottenere alcun risultato positivo.
L'Italia, tra l'altro, ospita un quindicesimo dei richiedenti asilo che sono in Germania e solo da questo dato si capisce il livello di garanzie che offre il nostro Paese ai richiedenti asilo.
L'Europa deve condividere con l'Italia il peso dei profughi che verranno dal nord Africa”, “non potete lasciarci soli”, urla Maroni indossando la sua cravatta verde mentre rappresenta l'Italia all'estero.
Certo, è indispensabile un'azione coesa e decisa dell'Unione Europea e la sua mancanza, non nuova purtroppo, è il dato più grave.
Il Governo italiano, però, in questi anni ha pregiudicato l'autorevolezza del nostro Paese, nel mondo e ancor più in Europa, ed oggi è inascoltato, drammaticamente irrilevante.
Basterebbe ricordare che proprio in virtù del c.d. trattato di amicizia con la Libia, ed in particolare la parte relativa alla collaborazione militare (peraltro sottoscritto in violazione dei trattati della NATO), l'Italia non potrebbe partecipare ad azioni contro il dittatore del quale, appunto, siamo alleati militari. Un paradosso.
Il Ministro Maroni, però, oggi invoca l'Europa e lo fa proprio mentre è responsabile di non aver compiuto alcun passo per l'applicazione in Italia della c.d. “Direttiva Rimpatri” che disciplina l'allontanamento dall'Europa dei cittadini stranieri privi di titolo di soggiorno.
La Bossi-Fini contiene principi e regole del tutto contrastanti con quelli europei, a cominciare dalla mancata previsione del rimpatrio volontario, cardine della normativa europea.
In Italia pretendiamo di espellere coattivamente chiunque allo stesso modo, sia esso una badante o un terrorista, e così non espelliamo nessuno. Propaganda.
Il termine assegnato al Parlamento per l'applicazione della direttiva è scaduto a fine dicembre 2010 e da allora nei Tribunali italiani è il caos perchè non si sa quale legge applicare e dunque abbiamo condanne o assoluzioni determinate dal “caso”.
Del resto il “caso” è il vero principio ispiratore dell'azione di governo.
In più, ogni giorno di ritardo nell'applicazione della direttiva, comporta l'aumento della sanzione che l'Europa applicherà all'Italia e che tutti noi, padani ed extrapadani, saremo tenuti a pagare.
Un prezzo incomparabile con quello che sta pagando il popolo libico ma indicativo del nostro preoccupante arretramento nella tutela dei diritti dei più deboli. Un arretramento che, nel tempo, ha reso legittima la nostra accondiscendenza verso regimi autoritari come quello di Gheddafi.

Cosimo Palazzo - segretario del circolo Vigentino "Angelo Vassallo"

6 marzo - Voci di donna per un giorno di festa


Incontriamoci il 6 marzo per condividere con voi i racconti di vite autentiche tratte dall'Archivio Nazionale dei Diari.

Ogni anno l'Archivio - che conta più di 5000 documenti - bandisce un concorso 'Premio Diari di Pieve Santo Stefano' e il diario vincitore viene dato alla stampa.

Leggeremo alcuni brani di questi diari per non perdere il senso delle storie minute e anonime, quelle con la s minuscola, costola e sangue della grande Storia.

Dopo le letture, ne parleremo con Gabriella D'Ina, storico Editor di Feltrinelli, collaboratrice di Radio Popolare, nella giuria del 'Premio Diari di Pieve Santo Stefano', e con Sonia Scarpante, scrittrice milanese, sostenitrice della scrittura autobiografica come terapia del dolore e rigenerazione personale.

Al termine, ci intratterranno musiche popolari e cori con il Maestro Alfredo Coppola e Francesco Sgambellone.

Vi aspettiamo numerosi, domenica 6 marzo alle 15,00 presso il Salone Cooperativa Edile Verro, in via Verro 44.