Il genocidio in Libia e la diplomazia del governo italiano.

Gheddafi bombarda il suo popolo con l'aviazione. 10mila persone uccise. 50mila ferite. Un genocidio.
Chi può fare questo se non un folle? Un uomo che non si fa scrupolo di annientare il suo stesso popolo: questo è Gheddafi.
E allora viene spontaneo domandarsi come sia stato possibile che con quell'uomo si sia trattato, talvolta oltre la decenza, come nel caso del Governo italiano a cui è mancato persino il pudore.
Così come non si può non restare colpiti dalla constatazione che quei fatti, specialmente nel nostro Paese, anziché suscitare orrore e provocare iniziative diplomatiche efficaci, hanno prodotto un balbettio timido e nessuna azione.
Per l'Italia questo è il frutto, anche, di anni di parole contro i cittadini non europei, di leggi inutilmente severe e inefficaci. Anni di “diseguaglianza” e di divisione .
Di fronte a quei bombardamenti si è concentrati nell'invocare, come un mantra terrorizzante, il flusso portentoso di un popolo in fuga, preoccupazione seria ma secondaria.
Prima dovremmo essere preoccupati per le persone che in Libia da 40 anni subiscono una dittatura feroce e oggi perdono o rischiano di perdere la vita.
Prima ancora, nel tempo, avremmo dovuto concentrarci nel far sentire la nostra vicinanza a un popolo che cercava di liberarsi e che in noi avrebbe voluto avere un alleato e non uno spettatore stupito.
Dopo quanto accaduto in Tunisia, in Egitto e in Libia - e che promette di compiersi anche in altri Paesi di quell'area del mondo - ci si deve interrogare sul modo in cui si sono condotti i rapporti internazionali.
Si deve riflettere su come sin qui si siano bilanciati gli interessi.
Si può davvero pensare di mantenere l'ordine internazionale consentendo a figure come Gheddafi, per citarne uno, di soffocare per decenni con la violenza l'aspirazione delle persone di vivere come esseri umani?
Al di là delle considerazioni ovvie sulla necessità di promuovere il rispetto dei diritti umani - che dovrebbero essere sufficienti a orientare le nostre azioni - si può davvero coltivare l'illusione che i soffocati non alzeranno mai la testa per porre in discussione quell'ordine costruito da altri?
E se un folle governa un paese, come nel caso della Libia era da tempo evidente a tutti, può davvero l'Europa, e con essa i governi dei paesi membri, restare immobile o addirittura compiacerlo, come ha fatto l'Italia di Berlusconi?
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In questo quadro di responsabilità collettiva, il caso italiano è stato particolarmente grave.
Il silenzio prolungato di Berlusconi, interrotto dalla dichiarazione di non voler disturbare Il dittatore libico perché “impegnato” (abbiamo poi visto come), è stato grottesco.
Ma anche il Ministro degli Esteri si è conquistato un posto nella storia (con la s minuscola).
Del resto Frattini aveva mostrato tutta la sua “sensibilità” non solo con la scandalosa vicenda di Monte Carlo, mentre l'Egitto faceva la Storia (con la s maiuscola), ma soprattutto in precedenza, quando aveva abbandonato il ruolo di commissario europeo, nel quale si era da poco insediato, per diventare ministro degli esteri con risultati, peraltro, sotto gli occhi di tutto il mondo, purtroppo.
Un gesto di una gravità istituzionale senza precedenti che non è rimasto privo di conseguenze sulla nostra capacità di essere ascoltati in Europa.
Tutti, poi, ricordano la sua intervista al TG1 nel gennaio 2009 mentre in tuta da sci commentava la crisi di Gaza.
Un uomo del tutto inadeguato a quel ruolo.
E che dire del Ministro dell'Interno, il leghista Roberto Maroni, il cui attivismo è evidente a tutti.
Da giorni ha ingaggiato una personale battaglia contro l'Europa, senza ottenere alcun risultato positivo.
L'Italia, tra l'altro, ospita un quindicesimo dei richiedenti asilo che sono in Germania e solo da questo dato si capisce il livello di garanzie che offre il nostro Paese ai richiedenti asilo.
L'Europa deve condividere con l'Italia il peso dei profughi che verranno dal nord Africa”, “non potete lasciarci soli”, urla Maroni indossando la sua cravatta verde mentre rappresenta l'Italia all'estero.
Certo, è indispensabile un'azione coesa e decisa dell'Unione Europea e la sua mancanza, non nuova purtroppo, è il dato più grave.
Il Governo italiano, però, in questi anni ha pregiudicato l'autorevolezza del nostro Paese, nel mondo e ancor più in Europa, ed oggi è inascoltato, drammaticamente irrilevante.
Basterebbe ricordare che proprio in virtù del c.d. trattato di amicizia con la Libia, ed in particolare la parte relativa alla collaborazione militare (peraltro sottoscritto in violazione dei trattati della NATO), l'Italia non potrebbe partecipare ad azioni contro il dittatore del quale, appunto, siamo alleati militari. Un paradosso.
Il Ministro Maroni, però, oggi invoca l'Europa e lo fa proprio mentre è responsabile di non aver compiuto alcun passo per l'applicazione in Italia della c.d. “Direttiva Rimpatri” che disciplina l'allontanamento dall'Europa dei cittadini stranieri privi di titolo di soggiorno.
La Bossi-Fini contiene principi e regole del tutto contrastanti con quelli europei, a cominciare dalla mancata previsione del rimpatrio volontario, cardine della normativa europea.
In Italia pretendiamo di espellere coattivamente chiunque allo stesso modo, sia esso una badante o un terrorista, e così non espelliamo nessuno. Propaganda.
Il termine assegnato al Parlamento per l'applicazione della direttiva è scaduto a fine dicembre 2010 e da allora nei Tribunali italiani è il caos perchè non si sa quale legge applicare e dunque abbiamo condanne o assoluzioni determinate dal “caso”.
Del resto il “caso” è il vero principio ispiratore dell'azione di governo.
In più, ogni giorno di ritardo nell'applicazione della direttiva, comporta l'aumento della sanzione che l'Europa applicherà all'Italia e che tutti noi, padani ed extrapadani, saremo tenuti a pagare.
Un prezzo incomparabile con quello che sta pagando il popolo libico ma indicativo del nostro preoccupante arretramento nella tutela dei diritti dei più deboli. Un arretramento che, nel tempo, ha reso legittima la nostra accondiscendenza verso regimi autoritari come quello di Gheddafi.

Cosimo Palazzo - segretario del circolo Vigentino "Angelo Vassallo"